Ardi (parte prima)

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  •    ARDI non sapeva di essere una femmina.
       Non sapeva neppure di aver avuto una madre.
    In realtà una madre l’aveva avuta, ma non le era rimasto alcun ricordo. Nella sua mente non c’era traccia del gran spulciare cui l’aveva sottoposta e non ricordava neppure di aver succhiato latte dal petto di qualcuno.    Germogli di ginkgo, mangiati fra una poppata e l’altra, furono le prime novità. Quando i germogli diventarono troppo duri e legnosi, la madre le propose i frutti verdastri ancora acerbi. Maturando, questi diventarono piccole palline gialle rossicce. Ardi le portò in bocca di sua iniziativa. La madre la vide mangiare e, nei giorni successivi la lasciò. Ardi rimase sola sull'albero.
    Non ebbe più bisogno d’aiuto e neppure se ne accorse.
    Continuò a nutrirsi di bacche e ne mangiò per tutta l’estate.
       Le bacche di ginkgo, a piena maturazione, emanavano un profumo forte, quasi violento, un gusto acre. A tale sapore particolare si abituò facilmente. Anzi, trovava piacevole giocherellarci prima di mordere la polpa e poi sputar fuori il seme tondeggiante.
       Aveva foglie a forma di cuore, il maestoso ginkgo. I rami erano le sue strade e l’albero il suo mondo. Ardi raramente ne scendeva.   Non aveva motivo per abbandonare i suoi rami, lei era autonoma e intorno a sé aveva tutto quello di cui aveva bisogno.
       Lassù, in alto, si sentiva protetta. Protetta da tutto, dalla pioggia, dal sole e dagli altri abitanti del territorio.
  • Ardi junior passava il suo tempo in gioiosa solitudine. Nel complesso il suo corpo ricoperto da fitta peluria appariva d’un color grigio/avana, I peli, benché molto fitti, non sarebbero mai diventati una pelliccia vera e propria.
       Occhi grandi, mobilissimi, di color marrone chiaro. Saltando da un ramo all'altro, mangiava bacche solo per il piacere di gustare il succo. Non si accorse di essere diventata adulta e neppure di esser-si nutrita.
       A fine estate, la forma a cuore delle foglie iniziò a cambiare colore. Il verde vellutato era andato impercettibilmente assumendo un tono giallo rossiccio. Le bacche, sempre più flaccide, cominciarono a cadere dall'albero. Quando poi scarseggiarono, dovette cercarle sui ramuscoli più periferici e la faccenda diventò faticosa. Il senso di stanchezza, per il continuo andirivieni sui rami, le procurava affaticamento ma anche un certo tipo di sofferenza mai conosciuto prima. Infatti, mentre la stanchezza spariva fermandosi, questo malessere continuava. Trovava giovamento solo dopo aver fatto entrare dentro di sé un po' di bacche. L’assillo di dover mangiare bacche la portò a conoscere due novità: la stanchezza e la fame.    Infine, nonostante l’albero fosse imponente e lo conoscesse ramo per ramo, non riuscì più a trovare neppure una bacca, . La sua reale esistenza iniziò in quei giorni.    La fame, quella vera, fu la vera novità della sua esistenza. Conobbe così una sensazione molesta e terebrante.    Le si presentò quando non trovò più né germogli né bacche. Quel cupo malessere traeva origine dal suo interno.
  •    Era un’intima percezione legata all'urgenza di liberarsene, una sensazione ben diversa da quelle a cui era abituata.
    Il senso della fame sembrava provenire dal suo ombelico.
    Nascosto fra i peli del suo addome, si propagava sino alla testa.    Certo, lei non sapeva che la sua esistenza dipendeva dal dover ’far entrare’ qualcosa dentro il suo corpo, aveva solo capito che per star bene doveva mandare giù germogli o bacche.    Fu solo a seguito della necessità di zittire questa assillante intima sensazione che si vide costretta a scendere a terra per raccogliere i frutti caduti.    Sapeva di avere intorno a sé un “altrove”, ma dell’ambiente attorno conosceva solo quanto era possibile vedere dall'alto del suo albero.    Aveva padronanza dei rumori e del brulichio di vita d'ogni tipo. Da piccole presenze fino ad animali enormi. Inoltre sul suo ginkgo, riceveva spesso visite di vari abitanti della foresta. Insetti di varia foggia e grandezza vagavano per i rami alla ricerca di chissà che. Di primo mattino e al tramonto il via vai di sospettosi uccelli era una costante. Innocue erano le esplorazioni di piccoli mammiferi, per lo più vari tipi di topolini e scoiattoli.    Il sorgere e il calar del sole lo aveva visto sempre da lassù. Una volta a terra fu presa dallo sconcerto!
    il palmo dei suoi piedi non era abituato al piatto del terreno e del fogliame. Lei, fino allora, aveva usato i piedi come fossero mani, li adoperava per stringere e aggrapparsi ai rami. Stando a terra, in posizione eretta, si sentiva malferma e a disagio. Nello spostarsi sul terreno, quindi, preferiva poggiare anche le mani.
  • Quando trovava qualche bacca, per portarla alla bocca, sedeva in terra con i ginocchi flessi e appoggiati all'addome. Rovistando tra il fogliame trovò anche piccoli semi e pianticelle gradevoli da masticare, ma non appena il morso della fame si chetava, lestamente si arrampicava di nuovo sul suo ginkgo.    Presto imparò a controllare la fame, ma i problemi della piccola Ardi non erano finiti.
       Le notti si facevano sempre più fredde e, dopo le bacche, iniziarono a cadere anche le foglie, ormai diventate rossicce.
       Il suo ginkgo non costituiva più né protezione, né luogo per sedare la fame. Si vide, così, costretta ad abbandonare il suo luogo d'origine.    Intorno a sé, fra le molte piante spoglie, ce n’erano anche di riccamente verdi. Talune avevano ancora foglie abbondanti. Ne esplorò diverse alla ricerca di una nuova sistemazione.    Escluse le sequoie perché troppo alte, le araucarie perché poco ospitali, le conifere con pini, abeti e cipressi per la forma poco protettiva delle loro chiome. Infine decise di eleggere domicilio su un bell'albero di magnolia di altezza simile al ginkgo. Foglie larghe e carnose ricoprivano fittamente un’ampia chioma tanto da costituire un ottimo riparo anche per le intemperie. A proteggerla dal freddo avrebbe provveduto l’abbondante grasso sotto la pelle. Aveva comunque necessità di trovare un riparo per le piogge e la magnolia sembrava la soluzione ideale.
    Ardi aveva ormai acquisito una completa maturità, e il massimo della peluria su tutto il corpo. Era alta circa un metro , con dentatura robusta e muscoli massicci, spalle spioventi e braccia
  • molto più lunghe delle gambe. Gli elementi del suo volto mostravano una fronte sfuggente, poco evidente il naso, ma con ampie narici, zigomi alti e occhi leggermente infossati. Nonostante fosse ricoperta da peluria, la forma ovale del viso conferiva una certa gradevolezza al suo aspetto.
       Quando salì tra i rami della magnolia, Ardi era ormai una femmina adulta. inconsapevole anche di questo.
    Come il ginkgo, anche la magnolia era disabitata e tale situazione ne facilitò l’adattamento. La sua postazione ideale era vagamente a metà altezza dell’albero all'interno del fitto intreccio di foglie e ramoscelli. La forte densità del fogliame, limitando il flusso d’aria e del vento, creava discreto riparo anche al freddo. Inoltre il fitto della sua vegetazione formava un nascondiglio impossibile da individuare dal basso. L’unico aspetto negativo era l’assoluta mancanza di frutta o semi. Era quindi obbligata a dover scendere alla ricerca di elementi da portare in bocca per reprimere l'immancabile senso di fame.    Imparò così che l’introduzione di bacche di ginkgo non era l’unico modo per sedare la fame. A questo scopo molto efficienti si erano dimostrati vari tipi di semi e granaglie e quindi aveva iniziato a ricercare i più gustosi. Trovò prelibate le noci e anche le castagne. La ricerca di questi nuovi elementi, non solo la obbligava a lasciare l’albero, ma anche a girovagare in terra. Spinta dalla fame si arrischiava ad abbandonare l’ambiente boschivo per addentrarsi in territorio quasi spoglio e pianeggiante. Conosceva i luoghi attorno a sé per averli osservati dall'alto del suo ginkgo.
  •    Da lassù lo sguardo abbracciava un panorama formato di alture verdi, sparse su una sconfinata prateria tendente al giallo. Fino ad allora aveva immaginato di vivere in un ambiente boschivo. In realtà il suo stupendo albero era in un’isola di foresta circondata da una savana, piatta e brulla.
       Cambiare luogo e modo di vivere non fu facile, anche perché contemporaneamente stava cambiando anche il clima. Ardi era nata all'inizio della primavera e aveva preso consapevolezza della sua esistenza ad estate inoltrata.
    Per adattarsi al freddo provvedeva madre natura, ma a dominare il territorio, doveva badare da sola.
       Tanto era elastica ed elegante sugli alberi, quanto goffa e impacciata si muoveva in terra. Per questo era sempre in ansia per tornare sulla magnolia.    Un giorno ebbe la sorpresa di trovare sull'albero altri due individui.
        Il più piccolo era di statura simile alla sua, mentre l’altro mostrava corporatura sensibilmente maggiore. Fu accolta dal digrignare e mostrare i denti da parte del più piccolo, mentre l’altro ostentò la più assoluta indifferenza.
       Ardi ebbe impulso di fuggire, ma poi rimase fortemente aggrappata con piedi e mani al ramo. I due ospiti colsero nel suo sguardo fierezza e determinazione. Di certo il suo non era un atteggiamento aggressivo.    I tre rimasero a scrutarsi negli occhi per lungo tempo. Infine Ardi si fece coraggio e saltò sul ramo opposto a quello occupato dai due e da lì, con rapidi balzi, raggiunse i rami più in alto.
       
  • Non trascorse una notte serena.
       Dall’alto li teneva d’occhio avendo bene a vista testa e spalle.
       Alle prime luci dell’alba notò che dormivano accostati di fianco e il più grosso dei due teneva il braccio intorno al collo dell’altro.
       Pur non avendo alcun bisogno di mangiare saltò via dall'albero senza curarsi della loro presenza. Non si allontanò molto e tenne costantemente sotto controllo l’albero di magnolia.
       Quando i due ne scesero, indugiarono non lontano da lei. Gironzolando, restarono sempre appaiati nel rovistare terreno, foglie e pianticelle. Ardi non solo si rimpinzò al massimo di quanto fosse commestibile, ma si procurò anche una scorta di cibo. Infatti, riempì la bocca di granaglie riempiendo anche lo spazio fra le gengive e le guance. Raccolse, poi, un fascio di pianticelle carnose e, tenendole in un braccio, si portò sull'albero. Il suo programma era di mantenere la postazione più a lungo possibile per non ridiscendere dall’albero.    Riprese posizione sul ramo dirimpetto a quello che avevano occupato i due ospiti e restò in attesa degli avvenimenti.
       Solo nel tardo pomeriggio i due tornarono e rioccuparono lo stesso posto del giorno precedente. Lei rimase ferma e con noncuranza iniziò a rosicchiare le pianticelle che si era portata dietro. I due, invece, iniziarono a spulciarsi vicendevolmente. Con massima cura andavano cercando fra il pelame parassiti che poi si portavano alla bocca. Particolare accortezza era dedicata a zone difficili, quali le orecchie e la testa. Quando uno dei due si stancava, lasciava all'altro l’onere dello spulciamento.
  • Ad un tratto Ardi fece una scoperta clamorosa.
       La cosa accadde quando il più piccolo stava spulciando l’inguine dell’altro.
    All’improvviso nella parte bassa della pancia di quello grosso sbucò un qualcosa di rossiccio appuntito che per qualche momento apparve allungarsi. Poi, quando le mani del piccolo si spostarono a spulciargli il collo, quella cosa rossiccia scomparve.
       Ardi ne fu sbalordita.
       Quale portento poteva mai essere quello? Rimase a fissare prima la pancia di quello più grande, poi tornò a scrutare quella dell’altro e così fece un’altra scoperta.
       Quei due, nella zona dell’attaccatura delle gambe, erano completamente diversi! Il più piccolo aveva una sorta di fessura rilevata, identica a quella che aveva anche lei e da cui le usciva urina.
       Il più grande, invece, aveva un involto pendulo della grandezza di una grossa noce. Era una specie di sacchetta pelosa con un potere magico. Proprio da lì era spuntato e poi scomparso quella specie di bastoncino rossiccio appuntito.
       Ardi rimase tanto colpita che continuò a seguire attentamente lo spulciarsi dei due.
       Il riapparire della stessa magia, sullo stesso individuo, le confermò la realtà dell’evento.
        Invece, quando il grosso spulciava la zona della fessura del più piccolo, non compariva proprio nulla!    Del resto neppure dalla sua fessura in nessuna occasione era mai apparso nulla di rossiccio.
  • In preda all'ansia e pensando di avere davanti a sé due individui completamente diversi, scappò di nuovo nei rami più alti della magnolia. Continuò a tenerli d’occhio, infine accettò di considerarli suoi simili.

                                                    Fine prima parte


    Episodio tratto da un volumetto " Le Madri (I) " di prossima pubblicazione"
      Una serie di racconti dal titolo"
       ­ -  Ardi
    ­ -  Lucy
    ­ -  Habilis
    ­ -  Neande e Sapien
    ­ -  La nascita del padre
    ­ -  L’Homo
    ­ -  Una madre e un padre
    ­ -  Eroismo di madre
    ­ -  Madri e Padri
    ­ -  La fabbrica delle schiave
    ­ -  Le due mogli
    ­ -  Isra, figlia di schiava, concubina per caso
    ­ -  La scuola del Maestro Uhuri
    ­ -  Argìa







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